
Quando nel 2012 Luigi Mainolfi ha sposato il progetto Generali di Paolo Sanfilippo aveva dalla sua l’entusiasmo dei vent’anni ed una sfida davanti: diffondere in un territorio di confine qual è la Valle Caudina una cultura assicurativa che andasse oltre la più classica delle polizze, l’Rc auto.
Una sfida che oggi, a distanza di anni lo vede, insieme alla sua collaboratrice Katia Picca, al centro di un progetto di espansione della sub-agenzia di Cervinara di Generali Avellino Italia che, muovendo proprio dal mondo dell’auto è riuscito a creare una forte fidelizzazione sul territorio, trasformando la sede dell’agenzia in un punto di riferimento per tante persone, sempre più attente a programmare il proprio futuro.
Mainolfi, quali sono oggi le principali preoccupazioni che le vengono manifestate dai clienti?
«Sicuramente il fattore economico incide tantissimo, di questi tempi, sulle scelte, anche in termini di prevenzione ed assicurazione. C’è una tendenza al risparmio, alimentata anche dalla forte concorrenza che si può riscontrare anche online. Ma alla fine, però, la differenza la fa sempre il fattore umano. E su questo il nostro valore aggiunto ci premia».
In che senso?
«Avere un riferimento certo, una persona con cui parlare fisicamente guardandola negli occhi infonde fiducia. E non solo quando si tratta di stipulare un contratto ma soprattutto quando malauguratamente dovesse verificarsi un sinistro».
Insomma, il rapporto umano è ancora il più saldo legame tra il cliente e l’assicurazione?
«Assolutamente sì. Abbiamo sempre fondato il nostro rapporto sulla fiducia e il contatto. I nostri clienti sanno che possono inoltrare denuncia all’assicurazione attraverso il numero verde ma quasi tutti preferiscono venire qui di persona. Perché sanno di essere seguiti, che li guideremo e ci occuperemo dei vari step, dalla compilazione del Cid a tutte le fasi successive».
Al di là delle polizze automobilistiche, verso quali segmenti sono orientate oggi le persone che varcano l’ingresso della vostra agenzia?
«C’è un target molto ampio, quello che parte dai 40 anni circa, che mostra grande sensibilità rispetto al tema dei fondi pensioni. Chi è lungimirante, sa bene quali sono i rischi per il futuro e si informa, investe, per sé e per i propri familiari. E’ importante, di questi tempi, pensare a cosa accadrà nei prossimi anni».
E i più giovani?
«Bè, loro hanno intanto un problema più grande, che è quello legato alla ricerca del lavoro. Ma devo dire che chi è più fortunato, chi anche in giovane età ha già un suo lavoro, anch’egli comincia a porsi delle domande e, laddove individua una possibile soluzione, non esita ad investire, ad esempio sui fondi pensione».
Perché secondo lei, bisognerebbe pensare ad un fondo pensione sin da giovani?
«Perché le nuove generazioni cominciano a lavorare tardi e sarà difficile arrivare ad una pensione adeguata. A ciò aggiungiamo che esiste un vantaggio fiscale non di poco conto. Insomma, un fondo pensione è un investimento sul futuro che comincia a dare i suoi frutti deducibili già nel presente».